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Carissime Colleghe, Carissimi Colleghi,

Vi raggiungo come da tradizione in occasione delle prossime festività natalizie.

Molte cose e molti fatti potrebbero essere citati come sempre alla fine di ogni anno.

Fatti e vicissitudini che ci coinvolgono in ambito professionale e nella nostra vita sociale e certo mai come ora tanti potrebbero essere gli esempi, le difficoltà vissute e raccontate, le speranze attese e realizzate o mancate per poco. Ma in ogni caso, sempre e comunque, esperienze di vita dedicate all’altro e quindi ai nostri pazienti, a coloro che hanno davvero privata la libertà a causa del bisogno poiché caduti nella malattia.

Ciascuno di noi, secondo forza, carattere, attitudine, possibilità ha dato senza tentennamenti il suo contributo, ciascuno di noi ha messo in primo piano la persona, con rispetto, dignità e abnegazione per portare a termine quella che senza retorica si chiama missione.

Tutto questo grande sforzo ci ha visti impegnati senza sosta al di là delle difficoltà tecniche, logistiche, ambientali, politiche e burocratiche, soprattutto nei tempi recenti dell’emergenza sanitaria.

Ma tutto questo non può essere dimenticato, tutto questo è stato il segnale di una riscossa professionale, di quella professionalità che da più parti si tenta di ridimensionare trasformandoci da uomini di scienza che esercitano la più nobile delle arti a semplici prestatori d’opera imbrigliati in una rete di vincoli talvolta incomprensibili che generano frustrazione e disamoramento nei confronti della nostra professione.

Il senso della mia presidenza SIO vuole essere indirizzato proprio a questo: al far si che cambi il paradigma di valutazione di considerazione e immagine del professionista e dello specialista che vanno restituiti al loro ruolo vero.

Una recente disamina delle realtà regionali ha messo in evidenza emergenze difficili in termini di personale, posti letto, approvvigionamento tecnico. Un panorama inquietante che deve far riflettere sulla vera emergenza sanitaria che è quella della rarefazione delle unità operative, della scarsità degli specialisti, delle difficili condizioni di lavoro.

A tutti coloro che si trovano ad operare in condizioni difficili va la nostra solidarietà e il nostro supporto.

É tempo, dunque, di ritrovare la strada maestra che ci identifica: professionisti sensibili e pronti, medici che lavorano con abnegazione e caparbietà, chirurghi che operano oltre ogni dubbio per il bene del paziente e pur sempre uomini che agiscono nella difficoltà, che pregano, che si fanno forza di fronte all’imprevisto e non demordono.

Vorrei rivolgere un pensiero ai nostri colleghi e fratelli che non sono più tra noi, a coloro che non possono lavorare per motivi di salute, a coloro che lottano nelle aule di tribunale per ingiuste cause, vittime di un sistema che mostra aspetti paradossali.

Infine, vorrei augurare a tutti voi e alle vostre famiglie, a tutti i giovani otorinolaringoiatri che hanno iniziato questo lungo percorso di vita un sereno Natale foriero di più grandi speranze e aspettative. I colleghi francesi si chiamano “mon cher confrère” e mi piace ispirarmi a questo modo di invocarsi e per questo concludo dicendovi: testa alta e orgoglio mes chers confrères!

Buon Natale!

Giovanni Danesi